lunedì 29 luglio 2013

L'educazione siberiana

Quella fiaba parlava di un branco di lupi che erano messi un po' male perchè non mangiavano da parecchio

tempo, insomma attraversavano un brutto periodo.

Il vecchio capo branco però tranquillizzava tutti, chiedeva ai suoi compagni di avere pazienza e aspettare,

tanto prima o poi sarebbero passati branchi di cinghiali o di cervi, e loro avrebbero fatto una caccia ricca e si

 sarebbero finalmente riempiti la pancia.

Un lupo giovane, però, che non aveva nessuna voglia di aspettare, si mise a cercare una soluzione rapida al

problema. Decise di uscire dal bosco e di andare a chiedere il cibo agli uomini.

Il vecchio lupo provò a fermarlo, disse che se lui fosse andato a prendere il cibo dagli uomini sarebbe

cambiato e non sarebbe più stato un lupo.

Il giovane lupo non lo prese sul serio, rispose con cattiveria che per riempire lo stomaco non serviva a niente

 seguire regole precise, l'importante era riempirlo.

Detto questo, se ne andò verso il villaggio. Gli uomini lo nutrirono coi loro avanzi, e ogni volta che il giovane

lupo si riempiva lo stomaco pensava di tornare al bosco per unirsi agli altri, però poi lo prendeva il sonno e

lui rimandava ogni volta il ritorno, finchè non dimenticò completamente la vita di branco, il piacere della

caccia, l'emozione di dividere la preda con i compagni.

Cominciò ad andare a caccia con gli uomini, ad aiutare loro anzichè i lupi con cui era nato e cresciuto.

Un giorno, durante la caccia, un uomo sparò a un vecchio lupo che cadde a terra ferito. Il giovane lupo corse
verso di lui per portarlo al suo padrone, e mentre cercava di prenderlo con i denti si accorse che era il

vecchio capo branco.

Si vergognò, non sapeva cosa dirgli.


Fu il vecchio lupo a riempire quel silenzio con le sue ultime parole:
 " Ho vissuto la mia vita come un lupo degno, ho cacciato molto e ho diviso con i miei fratelli tante prede,

così adesso sto morendo felice. Invece tu vivrai la tua vita nella vergogna, da solo, in un mondo a cui non

appartieni, perchè hai rifiutato la dignità di lupo libero per avere la pancia piena. Sei diventato indegno.

Ovunque andrai, tutti ti tratteranno con disprezzo, non appartieni nè al mondo dei lupi nè a quello degli

uomini... Così capirai che la fame viene e passa, ma la dignità una volta persa non torna più".

Questa parte finale era la mia preferita, perchè quelle parole del vecchio lupo erano un autentico distillato di

filosofia criminale, e mentre nonno Kuzja le pronunciava ci rispecchiava dentro la sua vita vissuta, il suo

modo di vedere e capire il mondo.

Mi sono tornate in mente qualche anno dopo , mentre con un treno mi stavano portando in un carcere

minorile. Una guardia aveva deciso di sua volontà di distribuire dei pezzi di salame.

Avevamo fame, e tanti si erano buttati avidamente su quel salame per divorarlo. Io l'avevo rifiutato, un

ragazzo mi aveva chiesto perchè e io gli avevo raccontato la storia del lupo indegno.

Lui non mi aveva capito, ma quando siamo arrivati a destinazione la guardia che aveva distribuito il salame ha

annunciato sul piazzale principale, davanti a tutti, che prima di darcelo lo aveva messo nel cesso.

Per questo motivo, secondo la regola criminale, tutti quelli che lo avevano mangiato erano stati " contagiati",

e quindi erano passati nella casta più bassa della comunità criminale, automaticamente disprezzati da tutti

ancor prima di entrare in carcere .

Questo era uno dei giochetti che gli sbirri facevano spesso per sfruttare le regole criminali come un'arma

contro i criminali stessi; gli riuscivano meglio con i minori, che spesso non sapevano che dalle mani di uno

sbirro un criminale onesto non può prendere niente.

Come diceva mio zio buonanima:

 " Un criminale degno prende dagli sbirri solamente le botte, e pure quelle le ridà indietro, quando arriva il

momento giusto".

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