mercoledì 20 febbraio 2013

Il pubblico, eterno spettatore, ama l'ubbidienza.






SMASCHERARE LA POLITICA E’ UCCIDERLA

Mi spiego e, a costo di ripetermi, porrò la domanda: Cosa dice l’elettore ponendo la scheda nell’urna ? Con questo gesto l’elettore dice al candidato: vi do la mia libertà senza riserve o restrizioni; metto a vostra disposizione, consegno alla vostra discrezione la mia intelligenza, i miei strumenti d’azione, il mio capitale, i miei introiti, la mia attività, tutta la mia fortuna; vi cedo i miei diritti e la mia sovranità. Sussidiariamente, resta inteso che la libertà, l’intelligenza, le forze, il capitale, i redditi, l’industria, la fortuna, i diritti, la sovranità dei miei figli, dei parenti, dei concittadini, tanto attivi che passivi, cadono, con tutto quel che vi trasmetto di mia scelta, nelle vostre mani. Il tutto vi è consegnato affinché ne facciate l’uso che vi parrà meglio a mia guarentigia, secondo il vostro umore. Questo è il contratto elettorale. Argomentate, dibattete, discutete, interpretate, girate, rigirate, poetizzate, sentimentalizzate, non cambierete nulla. Così è il contratto. E’ identico per ogni candidato; repubblicano o monarchico, l’uomo che si fa eleggere è mio signore, io sono una sua cosa; tutti i Francesi sono cosa sua. Resta dunque inteso che l’elettorato consacra e l’alienazione di quanto è suo, e l’alienazione di quanto appartiene agli altri; è evidente, allora, che il voto è, da un lato, un inganno e, dall’altro, un’indelicatezza, diciamola tutta, una spoliazione. Il voto non sarebbe altro che inganno universale se tutti i cittadini fossero elettori, e Se tutti gli elettori votassero; perché, in tal caso, sarebbero in pari, gli uni verso gli altri, per tutto quanto avrebbero perso ad opera di ciascuno, ma che un solo elettore s’astenga o ne sia impedito, e la spoliazione comincia. Che su nove o dieci milioni d’elettori, tre milioni si astengano –numero oggi raggiunto- e gli spogliati formano già una minoranza abbastanza rilevante da tenerne conto. L’antica nozione di probità nel potere è intaccata e notate come la decadenza del potere sia proporzionale alla rovina di questa nozione. Supponete che metà degli elettori iscritti resti in disparte, la situazione diventa grave per i votanti e, per il governo da essi formato, lo scetticismo politico di una metà del corpo sociale deve evidentemente imbarazzare le antiche credenze dell’altra metà. E se consideriamo che sarà proprio dalla parte dell’inerzia calcolata, motivata, meditata che si troverà l’intelligenza o la libertà, che son tutt’uno, mentre dalla parte del voto ci saranno solo l’istinto gregario e tradizionale, l’ignoranza o l’abnegazione, il che è lo stesso, ci si farà facilmente un’idea della prostrazione che, in tal stato di cose, deve vincere il vecchio sistema governativo. Questo momento lo abbiamo raggiunto proprio adesso: poiché, se quattro milioni d’elettori non si sono ancora astenuti, non è che debbano rallegrarsi per aver votato. Ora, ogni pentimento implica la confessione di una colpa. Adesso forziamo l’ipotesi. Supponiamo che tutti gli avversari della monarchia, convertiti alla nozione moderna secondo cui il potere non può essere onesto, disertino lo scrutinio motivando la propria diserzione con l’incontestabile verità che il voto è ad un tempo imbroglio e spoliazione, e, immediatamente, i monarchici non avranno più complici; all’infuori di essi, non troverete che uomini lesi scientemente. Una volta che l’elettorato si associ al misfatto mediante illuminazione dello spirito pubblico, tale misfatto gli tocca direttamente e interamente: i ladroni sono noti. O meglio, per rendere omaggio al senso comune, diciamo che non ci sono più ladroni; perché, non appena la questione è ridotta ai suoi termini severi, ma semplici e soprattutto veri, non appena la politica, scesa dalle sue antiche e ciarlatanesche altezze, è restituita ai misfatti di cui è sempre stata il genio travestito, ma reale, la finzione governativa scompare e la realtà umana si libera da tutti i malintesi che hanno, fino ad oggi, generato la lotta e i deplorevoli eventi che ne sono seguiti. Ecco la rivoluzione, ecco il rovesciamento calmo, saggio, razionale della nozione tradizionale ! Ecco la sostituzione democratica dell’individuo allo Stato, degli interessi all’idea. Nessuna perturbazione, nessuna scossa riuscirebbero a prodursi in questo maestoso squarcio della nube storica; il sole della libertà si mostra senza tempeste e ciascuno, prendendo la sua parte dei generosi raggi, si muove ormai in pieno giorno, intento a cercare nella società il posto che più conviene alle sue capacità e al suo genio. Per essere libero, come vedete, non c’è che da volerlo. La libertà, che ci hanno stupidamente insegnato ad aspettare come un regalo degli uomini, la libertà è in noi, la libertà siamo noi. Non è né con fucili, né con barricate, né con agitazioni, né con rinunce, né con club, né con scrutini che occorre procedere per raggiungerla, poiché tutto ciò è soltanto spudoratezza. Ora, la libertà è onesta e non la si ottiene che mediante riserbo, serenità e decenza. Quando chiedete la libertà al governo, l’ingenuità della vostra richiesta gli rende subito noto che non avete alcuna nozione del vostro diritto; la vostra petizione è cosa da subalterno, voi confessate la vostra inferiorità; constatate la sua supremazia ed il governo approfitta della vostra ignoranza, comportandosi verso di voi come ci si deve comportare verso i ciechi, perché siete ciechi. Coloro che ogni giorno, sui loro giornali, a vostro nome chiedono immunità al governo fanno –lasciandovi credere di combatterlo e indebolirlo- la forza e la fortuna del governo, forza e fortuna ch’essi vogliono conservare, poiché vogliosi di raggiungerli un giorno, col vostro concorso, popolo ingannato, abusato, beffato, derubato, diretto, raggirato, aggiogato, gravato, fustigato da intriganti e cretini che vi fanno ingobbire blandendovi, corteggiandovi come una potenza, sovraccaricandovi di pompose etichette come un re di vaudeville ed esponendovi così, Principe delle celle e delle carceri, monarca a servizio, sovrano della miseria, al generale ludibrio ! Per parte mia, non ho di che lusingarvi; perché non voglio nulla prendervi, neanche la parte che a me tocca delle vostre miserie e vergogne. Ma ho da chiedervi, a voi, sentitemi bene, e non al governo, che non conosco né voglio conoscere, ho da chiedervi la mia libertà che avete impacchettato, quando ne faceste dono, con la vostra. Non è a titolo oneroso che ve la richiedo, poiché, affinché io sia libero, bisogna che voi lo siate. Sappiate esserlo ! Per questo, si tratta di non innalzare più nessuno sopra di voi. Separatevi dalla politica che divora i popoli ed applicate la vostra attività agli affari che li nutrono e arricchiscono. Ricordate che ricchezza e libertà sono solidali come lo sono servitù ed indigenza. Volgete le spalle al governo e ai partiti che non ne sono che i caudatari. Il disprezzo uccide i governi, perché la lotta sola li fa vivere. Siate finalmente il sovrano che non discute con la gente e ridetevela delle manovre ridicole del monarchismo bianco e del governativismo rosso. Nessuno ostacolo potrebbe resistere alla manifestazione calma e progressiva dei vostri bisogni ed interessi. Finché il sire di Tillac ignorò chi fosse, dice una leggenda guascone, l’intendente lo trattò rudemente; ma quando donna Giovanna, la nutrice, gli fece conoscere e titoli e prerogative, le persone del castello, intendente in testa, vennero ad umiliarsi ai suoi piedi. Che il popolo mostri ai suoi intendenti di non ignorarsi più; che cessi di mischiarsi alle liti d’anticamera, ed i suoi intendenti faranno silenzio, assumendo di fronte a lui l’atteggiamento rispettoso. Tocca a lui essere libero, lo deve al mondo che aspetta, lo deve al figlio che nascerà. La politica nuova è nella riserva, nell’astensione, nell’inerzia civica e nell’attività industriale, in altri termini, nella negazione stessa della politica. Svilupperò in seguito più ampiamente queste posizioni. Mi basti dire oggi che se i repubblicani non avessero votato alle ultime elezioni generali, non ci sarebbe stata opposizione nell’Assemblea, e se non ci fosse stata opposizione nell’Assemblea, non ci sarebbe stata, in verità, nessuna Assemblea. Ci sarebbe stata solo una gazzarra tra legittimisti, orleanisti, bonapartisti che si sarebbero rovinati gli uni con gli altri a forza di scandali e, tutti e tre, sarebbero già caduti, nel momento in cui scrivo, sotto i fischi esilaranti della libertà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Se nessuno obbedisce, nessuno comanda...