martedì 25 settembre 2012

De profundis

Il dolore, dunque, e tutto ciò che esso insegna, è il mio nuovo mondo. lo vivevo unicamente per il piacere. Evitavo il dolore e le sofferenze di ogni genere. Li detestavo. Avevo risoluto di ignorarli fin dove era possibile, di trattarli cioè come forme di imperfezione. Non facevano parte del piano della mia vita, non avevano posto nella mia filosofia. Mia madre, che conosceva la vita nella sua completezza, soleva spesso citarmi i versi di Goethe, trascritti da Carlyle in un volume che questi le aveva dato molti anni prima, e credo addirittura tradotti da lui: 

"Chi non mangiò mai il pane del dolore, chi non passò mai le ore della notte a piangere e a sospirare il mattino, quegli non vi conosce, o potenze celesti."

Erano i versi che la nobile regina di Prussia, che Napoleone trattò con brutalità così grossolana, soleva citare nell'umiliazione dell'esilio; erano versi che mia madre citava spesso negli affanni della sua età avanzata; io mi rifiutavo assolutamente di accettare o ammettere la sublime verità che si celava in essi. Ricordo bene come solevo dirle che non avevo nessuna intenzione di mangiare il pane del dolore, o passare anche una sola notte a piangere nell'attesa di un'alba ancora più amara. Non avevo idea che proprio questa fosse la sorte che i Fati tenevano in serbo per me; che anzi per un anno intero della mia vita non avrei quasi fatto altro. Ma questa è la sorte che mi è stata assegnata; e durante questi ultimi mesi, dopo terribili lotte e difficoltà, sono riuscito a penetrare alcune delle lezioni nascoste nel cuore della sofferenza. I predicatori, e le persone che son solite ripetere sentenze a orecchio, parlano talvolta della sofferenza come di un mistero. In realtà essa è una rivelazione. Si discerne ciò che non si è mai stati capaci a discernere. Si affronta l'intero corso della storia da un punto di vista differente. Ciò che sull'Arte si è sentito confusamente per mezzo dell'istinto, viene percepito intellettualmente ed emotivamente con perfetta chiarezza di visione e assoluta intensità di percezione.
Ora capisco che il Dolore, essendo la suprema emozione di cui l'uomo è capace, è insieme il modello e il banco di prova di tutta la grande Arte. L'artista è sempre alla ricerca di un modo di esistere in cui anima e corpo siano uniti e indivisibili; in cui l'esteriore sia espressione dell'interiore; in cui la Forma riveli l'Essenza. Di tali modi di esistere ve ne sono non pochi; la giovinezza e le arti che hanno per oggetto la giovinezza possono servirci a un dato momento da modello; in un altro momento preferiremo pensare che, nella sua delicatezza e sensibilità di impressioni, nella sua capacità di evocare uno spirito che alberghi negli aspetti esteriori delle cose e si vesta ugualmente di terra o d'aria, di città o di nebbia, nella morbida fusione dei suoi umori, toni e colori, la moderna pittura paesaggistica stia realizzando per noi pittoricamente ciò che fu realizzato con tanta perfezione plastica dai Greci. La musica, in cui il contenuto è totalmente assorbito nell'espressione e non può esserne separato, è un esempio complesso di ciò che sto tentando di dire; un fiore o un bambino ne sono un esempio semplice; ma il Dolore ne è il prototipo, nella vita come nell'Arte.
Dietro alla Gioia e al Riso può esservi un temperamento rozzo, duro e insensibile. Ma dietro al Dolore vi è sempre il Dolore. La Sofferenza non porta maschera, al contrario del Piacere. La verità in Arte non è una corrispondenza tra l'idea essenziale e l'esistenza accidentale; non è la somiglianza tra forma e ombra, o tra il riflesso della forma nel cristallo e la forma stessa; non è l'eco rimandato dalla cavità del monte, né lo specchio d'acqua argentea che dalla valle mostra la Luna alla Luna e Narciso a Narciso. La verità nell'Arte è l'unità di un oggetto con se stesso; l'aspetto esteriore esprimente l'interiorità; l'anima incarnata, il corpo infuso di spirito. Per questa ragione nessuna verità è paragonabile al Dolore. Vi sono momenti in cui il Dolore mi appare come l'unica verità. Altre cose possono essere illusioni dell'occhio o degli appetiti, fatte per accecare quello o nauseare questi, ma dal Dolore sono stati creati i mondi, e alla nascita di un bimbo o di una stella assiste la sofferenza.

Nessun commento: