Angelo diceva che la morte è un paravento di fumo
fra i vivi e gli altri. Basta affondarci la mano per passare dall’altra parte e
trovare le solidali dita di chi ci ama. Purché si lascino peste, uste, minuzie
che conservano il nostro odore. Fu forse questo pensiero che lo spinse ad
affidare a una suora una filza di lettere con date fittizie, da spedire una
alla volta due volte l’anno. In esse narrava il romanzo futuro di sé, vantava
paternità, impieghi, successi; annunziava indisposizioni da nulla che nella
puntata dopo erano già guarite e remote. Sua madre – ci spiegava – sarebbe
vissuta più a lungo, aspettando a ogni scadenza il posticcio messaggio in cui
si prolungava indefinitamente l’eco della cara voce scomparsa. Sarebbe stato
per lei come avere un figlio oltremare, a San Paolo, a Little Italy. Lei morì
subito dopo di lui, tuttavia, e suor Tarcisia, se non l’ha saputo, continua
certo ancora oggi a impostare queste inferie di un morto a una morta, che
nessun postino potrà mai restituire al mittente (ma fra noi vivi che ci
scriviamo, le parole servono forse di più? Ed è poi sicuro che sia suono la
vita e silenzio la morte, e non invece il contrario?)
"In ultima analisi, non è dunque un pugno di governanti quello che ci schiaccia, ma è l’incoscienza, la stupidità dei montoni di Panurgo che costituiscono il bestiame elettorale. Noi lavoreremo senza tregua in vista della conquista della “felicità immediata”, restando partigiani del solo metodo scientifico e proclamando con i nostri compagni astensionisti: L’ELETTORE, ECCO IL NEMICO! E adesso alle urne, bestiame!” Manifesto dei redattori del giornale francese “L’Anarchie”, 1906
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