In quel momento solenne, in cui il magico tocco dell'arte –
ammaliatrice sirena, che colora un sogno di giustizia e di bontà, che
trionfa sulla morte e sulle perversità, con l'armonia e la bellezza; che
riconcilia il dolore con la vita; – in quel momento solenne, in cui
l'amplesso caldo dell'arte, ha reso l'uomo sincero verso se stesso; in
quell'ora di improvvisa, sublime rivelazione, voi sentite tutto quella
che noi vogliamo: «La libertà e la Giustizia». Solo che per amore di
quieto vivere, per un malinteso spirito di conservazione non vi
proponete di lavorare per la libertà e per la giustizia. Ma è poi vero,
che riuscirete in tal modo ad assicurare la tranquillità della vostra
esistenza? Le sventure, le miserie, le infamie che sono l'effetto della
cancrena che è alla base della società, se non vi colpiscono oggi, vi
colpiranno domani. Quando l'aria è intossicata, tutti ne respiriamo!
Quando le acque sono avvelenate, ne bevono anche gli avvelenatori.
L'odierna situazione del mondo, e soprattutto di questo paese dove si
era formata la stolta illusione, che il benessere fosse stato raggiunto,
e compatibile, nello stesso tempo, con l'esistenza della plutocrazia e
della sedia elettrica; lo sconquasso di questo colosso d'oro, che
minaccia di morir soffocato, per congestione di ricchezza, è un esempio
vivo palpitante nell'ora che volge. Bisogna, dunque, non solo sentire il
fascino della Libertà; non solo amare questa, che alle volte anche a
noi, che la perseguiamo da anni, ben sembra un'azzurra chimera; ma
necessita che ciascuno di noi dia una gemma per questo rabesco
meraviglioso: offra un sacrificio per questo sogno; doni un marmo per
questo edificio immortale.
Come l'albero è il trasformatore
chimico dei succhi, che le radici rapiscono alla terra, e che le foglie
respirano dall'aria; come il colore, il profumo e la bellezza dei fiori,
sono nella fecondità della terra e nei raggi del sole, così nella
società, l'artefice sommo dei suoni, dei colori, della poesia, delle
Idee, non è il creatore; ma è l'assimilatore, l'interprete grande di
tutto quanto vive e vibra attorno a lui. Come Dio è un assurdo perchè
sarebbe venuto dal nulla, e avrebbe tutto creato dal nulla, così è
assurda l'idea dell'uomo, che crea dal nulla. Dante ha rivestito di
poesia sublime le lotte, le ansie, l'odio, gli amori, le leggende del
tempo suo. Beethoven, Bellini, Verdi, hanno raccolto, in rapimenti
armonici, il fischio di un monello, il soffio delle brezze, il sibilo
delle foreste, le carezze e le collere del mare; il fragore dei
torrenti, il barrito degli abissi. È dal basso che sale la linfa; è
dall'intorno che soffia il respiro; è dall'alto che saettano il sole e
l'azzurro; e da questi elementi prende essenza e vigore la vita. Invano,
quindi, è aspettare, in messianica attesa, i salvatori o il salvatore. È
dall'angoscia, dalle lotte, dal dolore, dalle aspirazioni, dal
tormento, dal lavoro, dall'opra di tutti noi – gli individui, i
singoli dell'immensa folla – che si determinano le condizioni
essenziali, sostanziali per i rivolgimenti sociali; che si crea
l'atmosfera rovente per l'eroe della rivolta; per questo fustigatore ammirevole delle pigrizie e degli adattamenti delle maggioranze;
antesignano sfolgorante di luce; annunciatore immortale di prossime
tempeste rivoluzionarie!
Virgilia D’Andrea nasce a Sulmona l’11
febbraio 1888 da Stefano e Nicoletta Gambascia, insegnante elementare. Orfana
sin da bambina, é affidata a delle parenti religiose. La sua triste e solitaria
infanzia si sviluppa in un convento in cui vige un’educazione rigidamente
autoritaria e fortemente bigotta. Le uniche distrazioni per la piccola Virgilia
sono le letture di Leopardi, Carducci e Ada Negri.
La prima volta che sente la parola anarchia é nel 1900, quando Umberto I muore per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Le suore vorrebbero costringere le ragazzine pregare per il “re buono”, ma Virgilia invece ha un’istintiva simpatia per Bresci, l’anarchico vendicatore.
Diplomatasi maestra elementare, nel 1909 abbandona il convento e, dopo aver conseguito la licenza definitiva, inizia l’insegnamento nei paesini ubicati intorno a Sulmona. Quest’esperienza la metterà in contatto diretto con tutta quell’umanità emarginata, povera ma dignitosa ed abbandonata dallo Stato al proprio destino.
La prima volta che sente la parola anarchia é nel 1900, quando Umberto I muore per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Le suore vorrebbero costringere le ragazzine pregare per il “re buono”, ma Virgilia invece ha un’istintiva simpatia per Bresci, l’anarchico vendicatore.
Diplomatasi maestra elementare, nel 1909 abbandona il convento e, dopo aver conseguito la licenza definitiva, inizia l’insegnamento nei paesini ubicati intorno a Sulmona. Quest’esperienza la metterà in contatto diretto con tutta quell’umanità emarginata, povera ma dignitosa ed abbandonata dallo Stato al proprio destino.
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