Era la prima volta che mi trovavo in una
città dove la classe operaia aveva in mano il potere.
In pratica non c'era edificio, di qualsiasi dimensione, che non fosse in mano agli operai, e dappertutto sventolavano bandiere rosse o bandiere rosse e nere degli anarchici, su ogni muro erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari; quasi tutte le chiese erano state distrutte e arse le immagini sacre. Qua è là squadre di operai, sistematicamente, demolivano chiese.
In pratica non c'era edificio, di qualsiasi dimensione, che non fosse in mano agli operai, e dappertutto sventolavano bandiere rosse o bandiere rosse e nere degli anarchici, su ogni muro erano disegnati falci e martelli e le sigle dei partiti rivoluzionari; quasi tutte le chiese erano state distrutte e arse le immagini sacre. Qua è là squadre di operai, sistematicamente, demolivano chiese.
Su
ogni negozio e caffè stava scritto che era stato collettivizzato; avevano
collettivizzato anche i lustrascarpe e dipinto di rosso e nero le loro
cassettine.
Camerieri
e commessi ti guardavano dritto in faccia e ti trattavano da pari a
pari, erano scomparse per il momento tutte le espressioni servili e
anche solo cerimoniose.
Nessuno
diceva: "Senor" o "Don" e neppure "Usted"; si
chiamavano tutti "compagno" e si davano tutti del tu e dicevano
"Salud!" invece di "Buenas dìas".
Le
mance erano proibite già dai tempi di Primo de Rivera e, appena arrivato
a Barcellona, mi toccò subito una predica da parte di un direttore
d'albergo che mi aveva sorpreso a tentare di dar la mancia al ragazzo dell'ascensore.
Non
esistevano automobili private, che erano state tutte requisite, e i tram,
i tassì e molti degli altri mezzi di trasporto erano dipinti di rosso e
nero.
Ovunque
fiammeggiavano dai muri manifesti rivoluzionari in squillanti colori rosso e blu che facevano sembrare tutti gli
altri avvisi chiazze di fanghiglia.
Per
Las Ramblas, l'ampia arteria principale della città dove masse di gente fluivano in su e giù a tutte le ore, gli altoparlanti suonavano a
tutto volume inni rivoluzionari, per tutto il giorno e fino a notte tarda.
Ad
eccezione di poche donne e di qualche straniero, non c'era affatto gente
"ben vestita".
Praticamente tutti indossavano rozzi panni operai, o tute blu, o varianti dell'uniforme dei miliziani.
Tutto
ciò era strano e commovente.
C'erano
molte cose che non capivo e che, in un certo modo, neanche mi piacevano, ma
riconobbi subito una situazione per cui valeva la pena di combattere.
Credevo
anche che le cose stessero davvero così, come sembrava, che questo fosse davvero
uno stato operaio e che tutta la borghesia fosse scappata, o fosse stata
uccisa, o fosse passata spontaneamente dalla parte degli operai; non mi
rendevo conto che un gran numero di ricchi borghesi si tenevano solo in disparte o si
mascheravano da proletari, per il momento..., aspettando il fausto
giorno in cui il potere comunista avrebbe restaurato la vecchia
società e annullato la partecipazione popolare alla guerra...
Eppure,
per quello che uno poteva capirne, la gente era soddisfatta e fiduciosa.
Non
c'era disoccupazione, e il costo della vita era ancora bassissimo, si
vedevano in giro pochissime persone veramente povere e l'elemosina la
chiedevano solo gli zingari.
Avevano
fede, soprattutto, nella rivoluzione e nell'avvenire, e sentivano di essere
entrati all'improvviso in un 'era di uguaglianza e di libertà.
Gli
esseri umani tentavano di comportarsi da esseri umani e non
più come ingranaggi del sistema capitalistico.
Nei
negozi di barbiere (i barbieri erano quasi tutti anarchici) c'erano
manifesti anarchici in cui si spiegava solennemente che i
barbieri non erano più degli schiavi.
Per
le strade si vedevano manifesti a colori in cui si chiedeva alle prostitute di smetterla con il mestiere.
Per
tutti noi che venivamo dalla beffarda e incallita civiltà delle
razze di lingua inglese c'era qualcosa
di patetico quasi nel modo in cui questi idealisti spagnoli prendevano
alla lettera le frasi fatte della rivoluzione. A quel tempo si
vendevano per le strade, per pochi centesimi, le più ingenue
ballate rivoluzionarie, che parlavano tutte della
fratellanza del proletariato e della perfidia di Mussolini, e ho visto
spesso miliziani analfabeti comprare una di queste ballate, compitarne a
fatica le parole e poi, quando le avevano afferrate, mettersi a cantare
sull'aria giusta.
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