"In ultima analisi, non è dunque un pugno di governanti quello che ci schiaccia, ma è l’incoscienza, la stupidità dei montoni di Panurgo che costituiscono il bestiame elettorale. Noi lavoreremo senza tregua in vista della conquista della “felicità immediata”, restando partigiani del solo metodo scientifico e proclamando con i nostri compagni astensionisti: L’ELETTORE, ECCO IL NEMICO! E adesso alle urne, bestiame!” Manifesto dei redattori del giornale francese “L’Anarchie”, 1906
martedì 26 novembre 2013
De l’infinito, universo e mondi
Se io, illustrissimo Cavalliero, contrattasse l'aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto,
rassettasse un vestimento, nessuno mi guardarebbe, pochi m'osservarebono, da rari sarei ripreso e
facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la
pastura de l'alma, vago de la coltura de l'ingegno e dedalo circa gli abiti de l'intelletto, ecco che chi
adocchiato me minaccia, chi osservato m'assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è
uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti. Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la
caggione è l'universitade che mi dispiace, il volgo ch'odio, la moltitudine che non mi contenta, una
che m'innamora: quella per cui son libero in suggezione, contento in pena, ricco ne la necessitade e
vivo ne la morte; quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena nei piaceri,
son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita, perché nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto
l'inferno che le deprime, ne l'alma l'errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide; non
essendo magnanimità che le delibere, non longanimità che le inalze, non splendor che le illustre,
non scienza che le avvive. Indi accade che non ritrao, come lasso, il piede da l'arduo camino; né,
come desidioso, dismetto le braccia da l'opra che si presenta; né, qual disperato, volgo le spalli al
nemico che mi contrasta; né, come abbagliato, diverto gli occhi dal divino oggetto; mentre, per il
piú, mi sento riputato sofista, piú studioso d'apparir sottile che di esser verace; ambizioso, che piú
studia di suscitar nova e falsa setta che di confirmar l'antica e vera; ucellatore, che va procacciando
splendor di gloria con porre avanti le tenebre d'errori; spirto inquieto, che subverte gli edificii de
buone discipline e si fa fondator di machine di perversitade. Cossí, Signor, gli santi numi
disperdano da me que' tutti che ingiustamente m'odiano, cossí mi sia propicio sempre il mio Dio,
cossí favorevoli mi sieno tutti governatori del nostro mondo, cossí gli astri mi faccian tale il seme al
campo ed il campo al seme ch'appaia al mondo utile e glorioso frutto del mio lavoro con risvegliar
il spirto ed aprir il sentimento a quei che son privi di lume: come io certissimamente non fingo e, se
erro, non credo veramente errare e, parlando e scrivendo, non disputo per amor de la vittoria per se
stessa (perché ogni riputazione e vittoria stimo nemica a Dio, vilissima e senza punto di onore, dove
non è la verità), ma per amor della vera sapienza e studio della vera contemplazione m'affatico, mi
crucio, mi tormento. Questo manifestaranno gli argumenti demostrativi, che pendeno da vivaci
raggioni, che derivano da regolato senso, che viene informato da non false specie che, come veraci
ambasciatrici, si spiccano da gli suggetti de la natura, facendosi presenti a quei che le cercano,
aperte a quei che le rimirano, chiare a chi le apprende, certe a chi le comprende. Or ecco, vi porgo la
mia contemplazione circa l'infinito, universo e mondi innumerabili.
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