giovedì 4 luglio 2013

LA VERA STORIA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER

Siamo nel 1742. Ho vissuto a lungo. Questo non me lo può togliere nessuno. Tutti quelli che ho conosciuto sono morti. Alcuni li ho mandati io stesso all’altro mondo, se poi esiste. Ma perché dovrebbe? In ogni caso, spero con tutta l’anima che non esista, perché all’inferno ce li ritroverei tutti, Pew il cieco, Israel Hands, Billy Bones, quell’idiota di Morgan che osò passarmi il bollo nero, e gli altri, Flint compreso, che dio l’abbia in gloria, se un dio esiste. Mi accoglierebbero a braccia aperte, con salamelecchi e inchini, sostenendo che è tornato tutto come ai vecchi tempi. Ma intanto il terrore irradierebbe dai loro volti come un sole ardente sul mare in bonaccia. Terrore di cosa? chiedo io. Certo all’inferno non possono avere paura della morte. Che ve ne pare? No, non hanno mai avuto paura della morte, visto che per loro non ha mai fatto una gran differenza vivere o morire. Eppure, anche all’inferno avrebbero paura di me. Perché? chiedo io. Tutti, compreso quel Flint che era altrimenti l’uomo più coraggioso che avessi mai incontrato, avevano paura di me. Nonostante tutto ringrazio la mia buona stella che non siamo riusciti a recuperare il tesoro di Flint. So come sarebbe andata a finire. Gli altri in pochi giorni avrebbero scialacquato la loro parte fino all’ultimo scellino. E poi sarebbero venuti a cercare il vecchio Long John Silver, l’unica coscienza di cui abbiano mai potuto far sfoggio, assillandolo con le loro suppliche e lusinghe per averne ancora. E’ sempre stato così. Non hanno mai imparato. Ma una cosa almeno l’ho capita. C’è della gente che neanche sa di vivere. E’ come se non si rendesse neppure conto che esiste. Forse è proprio qui la differenza. Io ho sempre avuto cara la pelle attaccata a quel poco che mi rimaneva del corpo. Meglio condannati a morte che impiccati con le proprie mani, dico io, se proprio si è costretti a scegliere. Niente di peggio dei nodi scorsoi, a mia conoscenza. E’ per questo che ero diverso? Perché sapevo di essere vivo? Perché sapevo meglio di chiunque altro che non ci è data che una sola e unica vita da questo lato della fossa? E’ per questo che facevo così paura, ai peggiori come ai migliori? Perché me ne infischiavo della vita eterna? Forse. Certo è che non ho reso facile a nessuno essermi amico o compagno. Dal giorno in cui ho perso la gamba mi chiamano Barbecue, e non senza buoni motivi. Sì, se c’è una cosa che non dimenticherò mai finché campo è come ho perso quella gamba e guadagnato quel nome. D’altra parte, come potrei? Ogni volta che mi alzo in piedi sono costretto a ricordarmelo.

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