venerdì 26 ottobre 2012

Mattino


Un volta non ebbi forse una giovinezza amabile, eroica, favolosa, da iscrivere sui fogli d'oro, - troppa fortuna! Per quale delitto, per quale errore, ho meritato la mia debolezza d'oggi? Voi, che pretendete, che le bestie abbiano singhiozzi d'accoramento, che i malati disperino, che i morti sognino male, cercate di raccontare la mia caduta e il mio sonno. Quanto a me, non posso spiegarmi meglio del mendicante con i suoi eterni Pater e Ave Maria. Io non so più parlare!
Oggi, però, credo d'aver finita la relazione del mio inferno. L'inferno, proprio; l'antico, quello di cui il figlio dell'uomo aprì le porte.
Dallo stesso deserto, nella stessa notte, sempre i miei occhi spossati si ridestano alla stella d'argento, sempre, senza che si commuovano i Re della vita, i tre magi, cuore, anima, spirito. Quando mai andremo, di laà dai lidi e dai monti, a salutare la nascita del nuovo lavoro, la saggezza nuova, lafuga dei tiranni e dei demoni, la fine della superstizione, ad adorare - per primi! - Natale sulla terra!
Il canto dei cieli, il cammino dei popoli! Schiavi, non malediciamo la vita.

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