venerdì 7 dicembre 2012

Liberi ...

"Lo Stato è l'organizzazione  della mandria che debba aggredire o difendersi contro un'altra mandria parimenti organizzata. La guerra motiva e stimola tutta la mandria fino ai livelli più bassi e remoti. Tutte le attività  della società vengono collegate il più velocemente possibile allo scopo principale, quello di preparare l'attacco o la difesa militare, e lo Stato diventa ciò che in tempi di pace ha cercato invano di diventare... Poi si dà l'avvio e la nazione  si muove lentamente  e fiaccamente, ma accelerando e integrandosi  sempre di più, verso il gran finale, verso la serenità della guerra." (Randolph Bourne , The State, New York  1919,1945)
Ecco perché l'indebolimento dello Stato, il progressivo sviluppo delle sue imperfezioni è una necessità sociale. Il rafforzamento di altre forme di impegno, di centri di potere alternativi, di modelli diversi  di comportamento umano, è essenziale per la sopravvivenza. Ma da dove iniziare? Dovrebbe essere ovvio  che non si può cominciare  con il sostenere i partiti esistenti, associandovisi o sperando di cambiarli dall'interno, né con il fondarne di nuovi per partecipare alla lotta per il potere. Il nostro compito non è di prenderci il potere, bensì di eroderlo, di risucchiarlo via dallo Stato.
"La burocrazia e lo Stato accentratore hanno tanto poco a che fare  con il socialismo quanto l'autocrazia con il regime capitalista. In un modo o nell'altro, il socialismo  deve diventare più popolare, più comunalista e meno dipendente dal governo 'indiretto' per il tramite dei rappresentanti eletti. Deve mirare all'autogoverno."  (Kropotkin, Modern Science and Anarchism, cit.)
In altre parole, dobbiamo costruire strutture reticolari e non piramidali. Tutte le istituzioni autoritarie  sono organizzate come piramidi: lo Stato, la grande impresa privata o pubblica, l'esercito, la polizia, la Chiesa, l'università, l'ospedale, sono tutte strutture  piramidali  con al vertice un piccolo gruppo di persone  che prendono le decisioni  e alla base la gran massa della gente  per la quale decide  tutto il piccolo gruppo sovrastante. L'anarchismo non predica la sostituzione delle etichette sui vari strati della piramide, non ha alcun interesse nell'alternarsi di gente diversa al vertice. Propone una rete estesa di individui e di gruppi, ciascuno dei quali prenda le proprie decisioni e si renda artefice del proprio destino.
I pensatori classici anarchici immaginarono l'intera organizzazione sociale come un insieme di gruppi locali  simili: la comune  quale nucleo  territoriale ("non una diramazione  dello Stato, bensì la libera associazione di tutti i membri interessati, che può essere  un'entità cooperativa, professionale, o semplicemente un'unione provvisoria di più persone  unite da una necessità comune ") e il sindacato, o consiglio operaio, quale unità produttiva. Queste unità si aggregherebbero non come le pietre di una piramide, dove lo strato più basso deve sopportare il peso maggiore, ma come le maglie di una rete , una rete di gruppi  autonomi.
Numerose categorie concettuali concorrono alla definizione della teoria sociale anarchica, tra le altre quelle dell'azione diretta, di autonomia, di autogestione, di decentramento e di federalismo.
L'espressione "azione diretta" fu coniata dal sindacalismo rivoluzionario francese alla fine del diciannovesimo secolo ed era strettamente associata alle varie forme di  resistenza  del mondo operaio militante quali lo sciopero semplice, lo sciopero a singhiozzo, l'applicazione alla lettera del contratto di lavoro da parte dei lavoratori, il sabotaggio e lo sciopero generale. Da allora il significato si è andato estendendo fino a comprendere, ad esempio, la disobbedienza civile di Gandhi, la lotta per i diritti civili  negli Stati Uniti e numerose forme  di iniziativa  autonoma  che si stanno diffondendo in tutto il mondo.
Più recentemente, David Weich ha definito l'azione diretta come "quell'azione  che in una data situazione raggiunge lo scopo desiderato nella misura in cui questo sia nei limiti delle proprie capacità  o di quelle del proprio gruppo, a differenza  dell'azione indiretta, che realizza uno scopo irrilevante se non addirittura contraddittorio, presumibilmente come mezzo per raggiungere il fine 'buono'."
Al proposito fa questo esempio: "Se il macellaio pesa la carne mettendo il pollice sulla bilancia, è possibile che qualcuno reclami sostenendo  che è un ladro  e che deruba i poveri; se però continua a farlo, e i clienti non fanno altro che lamentarsi, tanto varrebbe che se ne stessero zitti.
Si può invece chiedere l'intervento  di una commissione di controllo e questa sarebbe un'azione indiretta; oppure si può insistere sul diritto di pesare la propria carne, portando la propria bilancia per controllare le pesate del macellaio, oppure comprare la carne da qualche altra parte, oppure unirsi ad altri  per formare una cooperativa: queste sarebbero tutte azioni dirette".  (David Wieck, The Habit of Direct  Action, " Anarchy", n.13, London 1962)
Wieck nota che "se presumiamo che in ogni situazione, ogni individuo e gruppo è sicuramente in condizioni di procedere a qualche forma di azione diretta, ci possiamo facilmente rendere conto di molte cose che ci erano sfuggite, e dell'importanza di molti elementi che avevamo finora sottovalutato".  Pensiamo in un modo talmente "politico"  e legato alle mosse delle istituzioni governative che i risultati  dei tentativi  diretti di modificare il proprio ambiente  non vengono presi in considerazione. L'attitudine all'azione diretta è, forse, identica a quella  che porta a riconoscersi come uomo libero, disposto a vivere in modo responsabile in una società libera.
Le idee di autonomia, di controllo delle fabbriche  da parte di chi ci lavora  e di decentramento non sono separabili da quella d'azione diretta. Nello Stato moderno, un gruppo di persone  impone le sue decisioni, esercita il controllo, limita le scelte, mentre la grande maggioranza  della gente  deve per forza accettare quelle decisioni, sottomettersi a quel controllo e agire nei limiti di quelle scelte imposte da fuori. L'attitudine all'azione diretta equivale alla disposizione di chi vuole strappare a loro il potere di prendere decisioni  per nostro conto. L'autonomia del lavoratore nello svolgimento del suo lavoro è l'ambito più importante in cui espropriare quei pochi del potere decisionale.
Quando si parla  di controllo dei mezzi di produzione  da parte dei lavoratori, la gente di solito sorride tristemente e sostiene che, purtroppo, le dimensioni e la complessità dell'industria  fanno di quella ipotesi un sogno utopico, assolutamente impraticabile in un'economia sviluppata. Chi pensa così ha torto. Non ci sono ragioni tecniche a impedire il controllo dal basso. Gli ostacoli all'autogestione nell'industria sono gli stessi  ostacoli che impediscono qualsiasi redistribuzione equa dei beni nella società, e cioè gli interessi irremovibili  di coloro che la redistribuzione  attuale del potere e della proprietà  rende privilegiati.
Alla stessa stregua, il decentramento non è tanto un problema tecnico quanto un modo di vedere  i problemi dell'organizzazione umana. Argomentazioni a sostegno del decentramento potrebbero fondarsi su semplici motivi economici, ma per l'anarchico la rivendicazione dell'azione diretta  e dell'autonomia semplicemente preclude la via a ogni altra soluzione. Non gli viene in mente di cercare soluzioni centraliste, così come a chi pensa in modo autoritario  e accentratore  non vengono in mente alternative decentratrici.
Goodman, un fautore del decentramento osserva che: Sono sempre esistiti  due filoni di pensiero a favore del decentramento. Certi scrittori, ad esempio Lao-Tse e Tolstoj, fanno una critica conservatrice e contadina della corte  e della città accentratrice  come strumenti  inorganici , verbosi e ritualistici. Altri invece, ad esempio Proudhon  e Kropotkin, fanno una critica democratica  e urbana  della burocrazia  e del potere centralizzato, ivi compreso il potere industrial-feudale, riconoscendovi un meccanismo inefficiente, teso a scoraggiare l'iniziativa e fondato sullo sfruttamento. Nell'epoca attuale del socialismo di stato, del feudalesimo industriale, della pubblica istruzione standardizzata, delle comunicazioni di massa (con relativo lavaggio di massa del cervello), dell'anomia urbana, ecc., entrambe le critiche sono giustificabili. Bisogna resuscitare sia l'autosufficienza contadina sia il potere democratico delle vecchie corporazioni professionali e tecniche( le gilde). Qualsiasi decentramento al giorno d'oggi dev'essere per forza post-urbano e post-accentratore, senza per questo essere provinciale.(Paul Goodman , Like a Conquered  Province , New York 1967)
La sua conclusione è che il decentramento è un "modo di organizzazione sociale che non necessita l'isolamento geografico ma piuttosto un impiego oltremodo sociologico della geografia". Appunto perché a loro non interessava  proporre l'isolamento geografico,  i pensatori anarchici  si sono molto occupati del principio federalista. Proudhon lo considerava il perno delle sue idee politiche ed economiche. Non pensava né a una confederazione di stati né a un governo federale mondiale, bensì a un principio fondamentale dell'organizzazione umana. La filosofia federalista di Bakunin, ribadiva quella di Proudhon, aggiungendo però che solo il socialismo avrebbe potuto investirla di un contenuto veramente rivoluzionario; anche Kropotkin  attinse alla storia della Rivoluzione francese, alla Comune di Parigi e, nei suoi ultimi anni, all'esperienza della Rivoluzione russa, al fine di illustrare l'importanza del principio federalista perché una rivoluzione mantenga il suo orientamento rivoluzionario.
Azioni dirette autonome, decisioni decentrate e libera federazione hanno caratterizzato tutte le insurrezioni veramente popolari. Staughton Lynd  ha affermato che "non si è mai avuta nessuna rivoluzione -in America  nel 1776, in Francia nel 1789, in Russia nel 1917, in Cina nel 1949- senza che delle istituzioni popolari sorgessero spontaneamente dal basso  e cominciassero ad amministrare il potere rimpiazzando le istituzioni sino ad allora ritenute legittime. Tali istituti di democrazia diretta  caratterizzarono  anche le insurrezioni tedesche  del 1919, quali la Repubblica consiliare di Monaco, la Rivoluzione spagnola del 1936, quella ungherese del 1956 , o la primavera di Praga  del 1968... e tutti quanti  vennero distrutti  dallo stesso partito  che era salito al potere nel 1917  con lo slogan  profondamente anarchico "Tutto il potere ai soviet". Nel  marzo 1920, quando i bolscevichi avevano già  trasformato i soviet  locali  in organi dell'amministrazione  centrale, Lenin disse a Emma Goldman: "Sai che persino il tuo grande amico Errico Malatesta  si è dichiarato a favore  dei soviet ? ". "Si", ribatté lei, "a favore dei soviet LIBERI."

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