
dentro i loro silenzi
fatti di polvere
Percorrono con agili dita
labirinti segreti,
piste sconnesse,
tunnel di penombre
Serrano nel pugno
fili di lana
per uscire dal dedalo,
ma spesso e volentieri
quel filo contro loro si ritorce
Sorelle in Sharazade
raccontano città
di cipria rosa
al tramonto
Edificano castelli di sabbia
narrano di verdi giardini
di fontane segrete
E la dura fatica del secchio
della balla di fieno
dello schiaffo imperdonabile
Scrivono parole d’amore
col mestolo nella zuppa
scrivono maledizioni
con lo straccio sul pavimento
Accarezzano gatti spelacchiati
che pisciano su vecchi cuscini
e qualche volta piangono
sotto le loro ciglia pesanti
Narrano dell’imene deflorato
del ventre pregno che si apre
della ferita che non si rimargina
neppure dopo tredici lune
E scrivono con lo zafferano,
con la cocciniglia,
con l’imbroglio dell’anilina
la solitudine del sogno
Tessere, tessere,
tessere incessantemente
è la vendetta
del loro linguaggio segreto
E nel disegno ritorna
quanto è stato taciuto,
quanto è stato negato,
quanto è stato sottratto
Nei segni si legge
la denuncia
del loro antico patire
il silenzio che parla
attraverso tracce patenti
Cosa dicono dietro
quei muri spessi
dietro il reticolo delle grate
chine tutto il giorno sul telaio
tramano insidie
ordiscono vendette
Nel seno nascondono
papaveri in fiamme
anche se le loro dita
sono gelide
Non saranno sconfitte
neppure dopo mille notti insieme
nel buio non si arrenderanno
mentre versano il te
in uno zampillo d’oro pallido
dentro verdi bicchieri
Mangiano mandorle di luce
sgranocchiano semi di zucca
lasciando tracce segrete
Quanti universi dentro un filo di lana
quanti nodi, quante battaglie
né vinte né perdute
ma in continua fase di stallo
Il telaio è la trincea
dove stanno arroccate
filando simboli
creando universi
distruggendo certezze
Mentre l’ignaro despota
percorre affaccendato
le strade della caasbah
dedito ai suoi commerci
sicuro d’avere in tasca
le chiavi del suo regno
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