lunedì 27 maggio 2013

Il filo di mezzogiorno



Ogni individuo ha il suo segreto che porta chiuso in sé fin dalla nascita, segreto di profumo di tiglio, di rosa, di gelsomino, profumo segreto sempre diverso sempre nuovo unico irripetibile, segreto di impronte digitali graffito inesplicabile sempre nuovo diverso sempre unico irripetibile. Segreto di occhi azzurri, eco del segreto dello spazio segreto di occhi neri, eco del segreto della notte segreto di occhi grigi, eco di segreto di disegno di nuvole sempre dissimile, impensato segreto di occhi verdi, eco del segreto di profondità marine danzanti di alberi di corallo, alberi di sangue? Segreto di sangue pietrificato… ogni individuo ha il suo segreto… non violate questo segreto, non lo sezionate, non lo catalogate per vostra tranquillità, per paura di percepire il profumo del vostro segreto sconosciuto e insondabile a voi stessi. Ogni individuo ha il suo segreto, ogni individuo ha la sua morte in solitudine… morte per ferro, morte per dolcezza, morte per fuoco, morte per acqua, morte per sazietà unica e irripetibile. Ogni individuo ha il suo diritto al suo segreto ed alla sua morte. E come posso io vivere o morire se non rientro in possesso di questo mio diritto?

(...)

È per questo che ho scritto, per chiedere a voi di ridarmi questo diritto… e quando, finito questo lavoro del lutto e sotto la fatica di panni vestiti scarpe e calze nere, una carne fragile e forte, calda e vulnerabile al gelo, che sicuramente mi ricrescerà e chiederà affamata aria, luce, carezze, pane… chiederà strade per camminare… voci da ascoltare… visi da guardare, vento pioggia sole e frescura e se camminando nel bosco sconosciuto della vita avrò voglia di correre e morrò schiantata da una corsa felice nel sole, controvento… se morirò per la sorpresa di qualche nuovo viso-incontro nascosto dietro un albero in attesa, se morrò fulminata dal fulmine della gioia, soffocata da un abbraccio troppo forte, annegata in una tempesta di emozioni trascinanti verso un mare che invisibile attende dietro la notte, se morirò svenata dalle ferite aperte di un amore perduto non più richiuse, se morirò pugnalata dalla lama affilata di uno sguardo crudele vi chiedo solo questo: non cercate di spiegarvi la mia morte, non la sezionate, non la catalogate per vostra tranquillità, per paura della vostra morte, ma al massimo pensate – non lo dite forte la parola tradisce – non lo dite forte ma pensate dentro di voi: è morta perché ha vissuto.


Goliarda Sapienza, da "Il filo di mezzogiorno"

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