martedì 29 gennaio 2013

Il banchiere anarchico

"Una domanda, per curiosità... Per quale ragione è diventato proprio un anarchico? Avrebbe potuto diventare socialista, o qualsiasi altra cosa progredita che non si spingesse tanto lontano... Deduco, da quello che ha detto, che per anarchia lei intende (e credo che vada bene come definizione di anarchia) la ribellione contro tutte le convenzioni e formule sociali e il desiderio e lo sforzo per l’abolizione di tutte..."

"Proprio così."

"Ma perché ha scelto questa formula così estrema e non ha optato per qualcos’altro... di intermedio?..."

"Le dico. Ho meditato su tutto questo. È chiaro che negli opuscoli che leggevo trovavo tutte quelle teorie. Ho scelto la teoria anarchica – la teoria estrema, come lei molto bene ha detto – per le ragioni che voglio spiegarle in due parole."

Fissò un momento nel vuoto. Poi si rivolse verso di me.

"Il vero male, l’unico male, sono le convenzioni e le finzioni sociali, che si sovrappongono alle realtà naturali – tutto, dalla famiglia al denaro, dalla religione allo stato. Si nasce uomo o donna – voglio dire, si nasce per essere da adulto, uomo o donna; non si nasce, a buon diritto naturale, né per essere marito, né per essere ricco o povero, come pure non si nasce per essere cattolico o protestante, o portoghese o inglese. Si è tutte queste cose solo in virtù di finzioni sociali. Ora, queste finzioni sociali perché sono negative? Perché sono finzioni, perché non sono naturali. Tanto negativo è il denaro così come lo stato, l’istituzione familiare così come le religioni. Se ce ne fossero altre, diverse da queste, sarebbero ugualmente negative, perché sarebbero ugualmente finzioni, in quanto anch’esse si sovrapporrebbero e finirebbero per distorcere le realtà naturali. Ora, qualsiasi sistema che non sia il puro sistema anarchico, che vuole l’abolizione di tutte le finzioni e di ciascuna di esse totalmente, è anch’esso una finzione. Impiegare tutta la nostra volontà, tutto il nostro sforzo, tutta la nostra intelligenza per creare, o contribuire a creare, una finzione sociale al posto di un’altra, è un’assurdità, quando non possa essere considerata un crimine, perché è realizzare una perturbazione sociale con l’evidente fine di lasciare tutto com’è. Se riteniamo ingiuste le finzioni sociali, perché soffocano e opprimono ciò che è naturale nell’uomo, perché usare ogni nostro sforzo per sostituirle con altre finzioni, se possiamo impiegarlo per distruggerle tutte?

Questo mi sembrerebbe realmente produttivo. Ma supponiamo che non lo sia; supponiamo che ci obiettino che tutto ciò sarebbe molto bello e corretto in teoria, ma che il sistema anarchico non è realizzabile in pratica. Cerchiamo di esaminare questa parte del problema.

Per quale motivo il sistema anarchico non sarebbe realizzabile? Tutti noi progressisti partiamo dal principio, non solo che l’attuale sistema è ingiusto, ma che sarebbe assolutamente vantaggioso, affinché ci sia giustizia, sostituirlo con un altro più giusto. Se non la pensassimo così, non saremmo progressisti ma borghesi. Ora, da dove proviene questo criterio di giustizia? Da ciò che è naturale e vero, in opposizione alle finzioni sociali e alle menzogne delle convenzioni. Ora, ciò che è naturale è ciò che è interamente naturale, non ciò che è naturale solo per metà, per un quarto o per un ottavo. Molto bene. Allora delle due l’una: o ciò che è naturale è realizzabile socialmente o non lo è; in altre parole, o la società può essere naturale, o la società è essenzialmente finzione e non può essere naturale in alcun modo. Se la società può essere naturale, allora può esserci una società anarchica, cioè libera, e deve esserci, perché è quella la società interamente naturale. Se la società non può essere naturale, se (per qualsiasi ragione che qui non interessa) deve essere per forza finzione, allora dei mali il minore; facciamo che sia, all’interno di questa inevitabile finzione, la più naturale possibile, affinché sia proprio per questo la più giusta possibile."

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