Parrebbe che la maggior parte degli uomini non abbia mai pensato cosa sia una casa; così restano per tutta la vita realmente, seppure inutilmente, poveri, pure senza necessità di esserlo; in quanto pensano di dover avere una casa simile a quella dei loro vicini. Come se ognuno si credesse costretto a indossare qualsiasi abito che il sarto gli tagli, o, dopo aver gradatamente abbandonato l'uso del cappello di foglie di palma o del berretto di pelle di marmotta, si lamentasse dei tempi difficili che non gli permettono di comprarsi una corona. Si potrebbero fabbricare case ancor più comode e lussuose di quelle che abbiamo, e però tutti riconoscerebbero che non si avrebbero i mezzi per pagarle. Cercheremo sempre di ottenere un maggior numero di queste cose, senza accontentarci di meno, qualche volta? E dovrà il cittadino rispettabile insegnare seriamente, con la parola e l'esempio, che a un giovane è necessario di provvedersi, prima di morire, di un certo numero di scarpe lucide, di ombrelli, e di stanze vuote per ospiti che non verranno? Perché mai non dovrebbero i nostri mobili essere come quelli degli arabi e degli indiani? Quando penso ai benefattori del genere umano, che onoriamo come inviati celesti, apportatori di doni divini, non vedo nella mia mente alcun seguito di servitori alle loro calcagna, né carri carichi di mobili eleganti. O se dovessi concedere qualcosa - non sarebbe una concessione singolare? - farei sì che i nostri mobili fossero più complicati di quelli degli arabi in diretta proporzione, però, alla nostra superiorità intellettuale e morale nei loro confronti. Adesso le nostre case sono ingombre e stipate di mobili, e una buona massaia ne getterebbe subito la maggior parte tra la spazzatura e non lascerebbe incompiuto il suo lavoro mattutino. Il lavoro della mattina! Per le luci rosate dell'aurora e la musica di Memnone, quale dovrebbe essere mai il lavoro dell'uomo alla mattina? Avevo sulla tavola tre pezzi di calcare, ma fui atterrito quando scoprii che dovevo spolverarli ogni giorno, mentre il mobile della mia mente era coperto di polvere, e così li gettai dalla finestra pieno di disgusto. Come avrei potuto, dunque, avere una casa ammobiliata? Preferirei sedermi all'aria aperta, perché sull'erba non si posa polvere, tranne dove l'uomo ha arato. Sono i dissipati e gli amanti del lusso che stabiliscono le mode che il gregge segue tanto fedelmente. Il viaggiatore, che si ferma nelle cosiddette case migliori, si accorge subito dov'è, perché i pubblicani lo considerano una specie di Sardanapalo, e se cedesse alle loro tenere grazie sarebbe presto completamente svirilizzato.
Credo che anche per le carrozze ferroviarie siamo disposti a spendere più volentieri in lusso che in sicurezza e comodità, e così, senza renderle più comode e sicure, corriamo il rischio di trasformarle in un salotto moderno con divani, ottomane, tendine e cento altre cose orientali, che portiamo con noi in Occidente, e che furono inventate per le donne dell'harem e gli effeminati nativi del Celeste Impero; cose delle quali dovremmo vergognarci persino di conoscere il nome. Io preferirei sedere su di una zucca ma averla solo per me, invece che stare pigiato su un cuscino di velluto. Preferirei vagare sulla terra su di un carro tirato da uoi, ma a mio piacimento, piuttosto che essere condotto in cielo sulle fantastiche carrozze di un treno di piacere, a respirare malaria per tutto il tragitto. La vera semplicità e nudità della vita dell'uomo nelle età primitive implicavano questo vantaggio, per lo meno: lasciavano l'uomo ospite nella natura. Quando si era ristorato con cibo e con sonno, egli meditava nuovamente il suo viaggio. Dimorava, per così dire, sotto una tenda in questo mondo, e varcava le valli o attraversava le pianure o saliva le sommità dei monti. Ma, ahimé! gli uomini ora sono diventati strumenti dei loro strumenti. L'uomo che quand'era affamato coglieva i frutti liberamente, è diventato contadino; e quello che, per riposare, si stendeva sotto un albero, è diventato il guardiano della propria casa. Ora non ci accampiamo più per la notte, ma invece ci siamo piantati sulla terra e abbiamo dimenticato il cielo. Abbiamo adottato il cristianesimo semplicemente come un migliore metodo di agricoltura. Abbiamo fabbricato per questo mondo una magione di famiglia, e per l'altro una tomba di famiglia. Le migliori opere d'arte esprimono la lotta umana per riuscire a liberarsi da queste condizioni, ma l'effetto della nostra arte È solo di rendere comodo questo stato così basso e far scordare quello più alto. In realtà, in questo villaggio non c’è posto alcuno per un'opera di bella arte, semmai qualcuna fosse pervenuta fino a noi, perché la nostra vita, le nostre case e le nostre strade non offrono per essa base adatta. Non c’è neppure un chiodo cui appendere un quadro, né uno scaffale cui appoggiare il busto di un eroe o di un santo. Quando penso come le nostre case sono costruite e pagate (oppure no), e come la loro economia interna è diretta e mantenuta, mi meraviglio che il pavimento non ceda sotto il visitatore, mentre costui sta ammirando i ninnoli sulla mensola del camino, e non lo faccia sprofondare in cantina, su qualche solida ma onesta fondamenta di terra. Non posso non rendermi conto che questa vita, cosiddetta ricca e raffinata, è qualcosa che abbiamo afferrato saltandole addosso, e non riesco quindi a godere le belle arti che l'adornano, perché la mia attenzione è completamente occupata da quel balzo; ricordo infatti che il salto più grande e genuino dovuto a soli muscoli umani, è - a quanto si dice quello di certi arabi erranti, i quali sarebbero riusciti a saltare venticinque piedi in lunghezza, su terreno piano. L'uomo che senza sostegno artificiale tenti di superare quella distanza è sicuro di ricadere a terra. La prima domanda che sarei tentato di fare al proprietario di questa grande improprietà, È: chi ti sostiene? sei uno dei novantasette che falliscono o dei tre che riescono? Rispondi a queste domande, e forse allora potrò osservare i tuoi ninnoli e trovarli ornamentali. Non è né bello né utile mettere il carro davanti ai buoi. Prima di poter adornare la nostra casa di oggetti bellissimi, dobbiamo non solo spogliare le pareti ma anche spogliare la nostra vita, e porre come fondamenta un perfetto governo domestico e una bella condotta di vita. Il gusto del bello ci colpisce soprattutto all'aperto, dove non ci sono né case né padroni.
Credo che anche per le carrozze ferroviarie siamo disposti a spendere più volentieri in lusso che in sicurezza e comodità, e così, senza renderle più comode e sicure, corriamo il rischio di trasformarle in un salotto moderno con divani, ottomane, tendine e cento altre cose orientali, che portiamo con noi in Occidente, e che furono inventate per le donne dell'harem e gli effeminati nativi del Celeste Impero; cose delle quali dovremmo vergognarci persino di conoscere il nome. Io preferirei sedere su di una zucca ma averla solo per me, invece che stare pigiato su un cuscino di velluto. Preferirei vagare sulla terra su di un carro tirato da uoi, ma a mio piacimento, piuttosto che essere condotto in cielo sulle fantastiche carrozze di un treno di piacere, a respirare malaria per tutto il tragitto. La vera semplicità e nudità della vita dell'uomo nelle età primitive implicavano questo vantaggio, per lo meno: lasciavano l'uomo ospite nella natura. Quando si era ristorato con cibo e con sonno, egli meditava nuovamente il suo viaggio. Dimorava, per così dire, sotto una tenda in questo mondo, e varcava le valli o attraversava le pianure o saliva le sommità dei monti. Ma, ahimé! gli uomini ora sono diventati strumenti dei loro strumenti. L'uomo che quand'era affamato coglieva i frutti liberamente, è diventato contadino; e quello che, per riposare, si stendeva sotto un albero, è diventato il guardiano della propria casa. Ora non ci accampiamo più per la notte, ma invece ci siamo piantati sulla terra e abbiamo dimenticato il cielo. Abbiamo adottato il cristianesimo semplicemente come un migliore metodo di agricoltura. Abbiamo fabbricato per questo mondo una magione di famiglia, e per l'altro una tomba di famiglia. Le migliori opere d'arte esprimono la lotta umana per riuscire a liberarsi da queste condizioni, ma l'effetto della nostra arte È solo di rendere comodo questo stato così basso e far scordare quello più alto. In realtà, in questo villaggio non c’è posto alcuno per un'opera di bella arte, semmai qualcuna fosse pervenuta fino a noi, perché la nostra vita, le nostre case e le nostre strade non offrono per essa base adatta. Non c’è neppure un chiodo cui appendere un quadro, né uno scaffale cui appoggiare il busto di un eroe o di un santo. Quando penso come le nostre case sono costruite e pagate (oppure no), e come la loro economia interna è diretta e mantenuta, mi meraviglio che il pavimento non ceda sotto il visitatore, mentre costui sta ammirando i ninnoli sulla mensola del camino, e non lo faccia sprofondare in cantina, su qualche solida ma onesta fondamenta di terra. Non posso non rendermi conto che questa vita, cosiddetta ricca e raffinata, è qualcosa che abbiamo afferrato saltandole addosso, e non riesco quindi a godere le belle arti che l'adornano, perché la mia attenzione è completamente occupata da quel balzo; ricordo infatti che il salto più grande e genuino dovuto a soli muscoli umani, è - a quanto si dice quello di certi arabi erranti, i quali sarebbero riusciti a saltare venticinque piedi in lunghezza, su terreno piano. L'uomo che senza sostegno artificiale tenti di superare quella distanza è sicuro di ricadere a terra. La prima domanda che sarei tentato di fare al proprietario di questa grande improprietà, È: chi ti sostiene? sei uno dei novantasette che falliscono o dei tre che riescono? Rispondi a queste domande, e forse allora potrò osservare i tuoi ninnoli e trovarli ornamentali. Non è né bello né utile mettere il carro davanti ai buoi. Prima di poter adornare la nostra casa di oggetti bellissimi, dobbiamo non solo spogliare le pareti ma anche spogliare la nostra vita, e porre come fondamenta un perfetto governo domestico e una bella condotta di vita. Il gusto del bello ci colpisce soprattutto all'aperto, dove non ci sono né case né padroni.
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