martedì 13 novembre 2012

Ricordo di... Luce



Luce Fabbri, Roma 1908 - Montevideo, ROU 2000 
 
 
Ultima solitudine 
Chiazze di muffa, muro scortecciato,
di la', il deserto. Dove sta il giardino?
Dov'e' rimasto il canto, dov'e' il sangue
rosso delle ferite gloriose?
Hanno tradito tutti i Paladini?
Dov'e' il tamburo e dove sta l'amore?
E i giochi, e i bimbi e l'acquazzone puro?
E quel silenzio gonfio di parole?
Ora il silenzio e' sporco e l'acqua stagna
e tutti gli occhi e i fuochi sono spenti.
Nella nebbia si perdono i miei morti.
Guardo fissa la nebbia che m'assalta. 
 
 
Thanatos 
Usci' a sinistra, dritta, dai cespugli
Thanatos. Disse: "Non mi riconosci?
Son la sorella - bella - dell'Amore".
Era nata dal nero.
Fra noi non la ferì la troppa luce.
Le chiedemmo affannosi:
"Questa tua mano, dove ci conduce?"
"Dove finisce, dove tace Amore". 
 
 
Apocalissi 
Viene il giorno dell'ira.
Viene l'inferno, ingoia gl'innocenti.
L'apprendista stregone,
dopo aver scatenati tutti i venti,
preme ridendo l'ultimo bottone.
Le montagne di scoria
si sciolgono in fusione.
E' finita la storia.
Gli oceani puzzolenti
affogano il bisonte d'Altamira. 
 
 
Il diluvio 
L'acqua cresce, s'ingorga, mangia il prato
e poi la casa e assalta la collina.
Trema il cipresso d'ali rifugiate.
E' nera e densa l'acqua e il suo gonfiore
monta e minaccia. Restan poche ore
per questo sole trepido, isolato,
per noi che lo beviamo, per la fina
catena che ci lega all'aspettato
domani, che, or lo vedo, non verrà. 
 
 
Natura quasi morta 
Sotto la foglia grinza il coleottero
muove le sue zampette arrovesciato.
E' vivo e disperato
e sente tutt'intorno la minaccia:
aspetta lì la scarpa che lo schiaccia.
Tutta la vita in quell'armeggio fragile,
tutta la morte in quella foglia gialla,
che il sole scalda invano.
Le rane fanno coro di lontano.
Passa neutra nell'aria una farfalla. 
 
 
La siepe 
Ci porta volontà come un destino,
non verso il sonno della fiera in lustra,
ma all'insonne caverna di Leonardo.
Sol si conosce ben quel che si crea.
Crea la ginestra il fiore ed il profumo.
Resisteranno al flusso della lava?
 
Stiam facendo una casa per la gente
all'incrocio di tutte le autostrade.
Nessun di noi voleva far la siepe.
Ma l'abbiam fatta tutta di ginestre
contro l'ondata nera e puzzolente
che ci porta il riflusso d'Hiroshima. 
 
 
Le parole 
Vorrei giocar col vento a dir parole
ed a buttarle fuori
come palle, perché me le rimandi
ed io riscopra in loro il mio messaggio.
 
Vorrei sporger la mano che lavora,
dalla finestra di questa mia cella,
a stringer mani, a accarezzar capelli,
a chiedere e ad offrire un po' d'amore.
 
Ma il buio mangia tutte le parole
ch'escon di casa prima dell'aurora. 
 
 
Rilettura leopardiana 
La terra, l'alto cielo, il nulla in mezzo.
Dove sta l'uomo?
Il pastore cammina, ma non sa
che han violato la luna
ed han riempito il nulla di satelliti.
 
Dove sta l'uomo?
Il pastore cammina, ma il suo gregge
vaga disperso
e le fontane sono avvelenate;
l'erba si secca.
Ma profuma il deserto una ginestra
che raccoglie la sfida del futuro. 
 
 
Sordità crescente 
Fa tacere le cose
il fragore remoto del tempo.
E' remoto, ma cresce
a misura che cresce il passato.
 
La cicala è gelosa di tutto.
Fa cri-cri sulla voce sommessa
dell'amore, sul grido
solidale del grande dolore.
Ed eleva pian piano,
muratore ostinato,
la sua parete opaca ed incolore. 
 
 
Le parole nuove 
Ogni parola trova la sua carne.
Io volevo cercare nella selva
del mondo le parole trasparenti,
parole d'aria,
da leggere, da scrivere, da dire,
da proiettare al buio sullo schermo,
ma che non pesino
e che non gettino ombra sulla strada.
 
Queste parole, amici, non esistono,
ma c'è nel caos qualcosa che le cerca,
qualcosa che ha potenza di crearle.
E allora canterò con quelle, alfine,
canterò alfine un canto di vittoria. 
 
 
Patagonia (variazione italiana) 
Il deserto accogliente in riva al fiume
stava un tempo nei libri;
lo vedevo di sera nel soffitto,
al riverbero tenue della strada:
c'era il giaguaro e il puma
e là sul monte, nero contro il cielo,
Buffalo Bill chiamato Martin Fierro.
 
Poi fuggirono i puma e ritrovai
quel deserto nel fondo dell'esilio,
dopo molti anni e molto mare, quando
l'esilio smemorato era già patria.
 
Il fiume ha preso un nome, ed è il Limay.
Sulla riva ho una torre di speranza
da cui guardo lontano. Il mondo è scuro,
il mondo è freddo e il tempo è troppo poco.
Ma lì c'è un po' di fuoco.
Stringo due mani e non ho più paura. 
 
 
Ancora un poco 
Frullo di voli sulla soglia oscura.
Ancora un poco; ancor debbo pensare
a come possa misurare il nulla;
ancor debbo imparare
a scandagliare il fondo del silenzio,
a camminare nell'oscurità.
Non sono preparata: dammi tempo
prima d'entrare.
Non c'e' bisogno
che nessuno mi spinga: solo debbo
abituarmi a un sonno senza sogni,
al vuoto opaco dell'eternità. 
 
 
L'ultima parete 
Una vecchia è seduta vacillante
sull'ultima parete e non si volta.
C'è nebbia dietro e nella nebbia è sciolta
la morte: i vivi guardan tutti avanti.
 
La vecchia sa. La casa sta là dietro,
la casa con il fuoco, il pane e il sale
per tutti. Ma le camere, le scale,
la cucina si sgretolano. Il vetro
 
delle finestre è cieco, perché il vento
l'ha coperto di terra del deserto.
Dio, cos'abbiamo fatto! Era la casa,
la nostra casa e l'abbiam data al mostro.
 
E' l'odio nostro che avvelena i pozzi:
non sazierem mai più la nostra sete.
La vecchia guarda il vuoto.
E' seduta sull'ultima parete.
 
 
Da Propinqua libertas

Nel cielo e nella terra sta il futuro, / l’ormai prossimo futuro / in cui io morirò. / Rendetelo luminoso, tu e gli altri, / non lasciate che io muoia tra le tenebre / rannicchiata sotto l’orizzonte.  
 
 
Biografia 
Luce Fabbri nasce a Roma il 25 luglio 1908, figlia di Bianca Sbriccoli e di Luigi Fabbri, insegnante e celebre teorico anarchico - libertario, nonché collaboratore di Errico Malatesta. Dall'età di due anni e per i successivi quattro vive con i nonni, durante il periodo in cui il padre è esule in Svizzera in seguito alla Settimana Rossa. Nel 1926, a causa del consolidarsi del regime fascista, il padre lascia clandestinamente l'Italia per Parigi dove sarà raggiunto dalla moglie nel 1927. Nello stesso anno il fratello minore Vero si trasferisce a Roma per lavoro.
Per i successivi due anni Luce rimane dunque sola a Bologna, ospite in ambienti socialisti. In quel periodo è accolta in casa di Enrico Bassi, socialista turatiano e amico dei fratelli Ugo Guido e Rodolfo Mondolfo; e a Bassi medesimo Rodolfo Mondolfo affiderà poi le proprie carte quando, nel 1939, sarà costretto ad espatriare in Argentina per la legge razziale che gli impedirà di occupare cariche pubbliche poiché ebreo.
Nel 1928 Luce si laurea in Lettere presso l'Università di Bologna con il massimo dei voti, discutendo una tesi su Reclus e la Comune di Parigi. Tra i professori della commissione era presente anche lo stesso Rodolfo Mondolfo, "che è stato quasi un secondo padre per me in quei due anni che ero rimasta sola", che incontrerà nuovamente anni dopo, anch'esso esule antifascista in Sud America.
Dopo un breve soggiorno di venti giorni a Roma a metà novembre del 1928 parte avventurosamente per la Francia, per raggiungere i genitori a Parigi; lo fa aiutata da Peretti, di Bellinzona, che le fa passare la frontiera Svizzera registrandola sul passaporto come sua moglie.
Dalla Francia si sposta presto in Belgio, a causa di un decreto di espulsione contro il padre emesso dal governo francese; e dopo breve tempo, nel 1930, emigra con i genitori a Montevideo in Uruguay, dove per un mese sono ospiti in casa del fiorentino Moscallegra, pseudonimo di Aratari.
A Montevideo Luce fa i primi passi in quella che sarà la sua professione, inizia infatti a dare lezioni private di Italiano, Latino e Greco. In seguito vincerà un concorso per l'insegnamento della storia nelle scuole secondarie, poi sarà lettrice di italiano presso la Facoltà di Lettere appena istituita ed in seguito, nel '49, otterrà la docenza di Letteratura italiana, "per me l'insegnamento era parte del mio lavoro militante, l'ho sempre considerato come un momento del mio lavoro di anarchica".
Qui con la sua collaborazione il padre Luigi si dedica alla rivista "Studi Sociali", curando inoltre la pagina in lingua italiana della rivista "La Protesta" e pubblicando anche, fino al Settembre del 1930, alcuni articoli su altre riviste tra cui "La Pluma". Il colpo di stato militare di Uriburu del 1930 in Argentina ha come conseguenza un esodo di rifugiati politici argentini in Uruguay. In questo primo periodo a Montevideo Luce, poco più che ventenne, frequenta le organizzazioni sindacali, collabora con il Comitato contro la dittatura in America, con un Gruppo anarchico femminile per il sostegno dei detenuti politici e con un Gruppo studentesco giovanile libertario. Con questo partecipa ad un congresso antimilitarista, indetto dai comunisti, contro la Guerra del Chaco. In questo congresso stringe amicizia con Simon Radowitzky da poco sbarcato a Montevideo dopo esser stato espulso dal suolo argentino.
L'intensa attività d’insegnamento non le impedisce di dedicarsi alla militanza e alla cura di "Studi Sociali" che pubblicherà fino al 1946.
Verso la seconda metà degli anni sessanta, mentre in Uruguay si delinea un periodo di forte tensione interna, caratterizzata dalla lotta armata dei Tupamaros e dalla conseguente dura reazione della classe dirigente che avrebbe portato alla dittatura militare protrattasi dal 1974 al 1986, Luce dedica le proprie attività alla militanza nel movimento locale, pur non trascurando contatti con gli ambienti italiani e internazionali.
In particolare s'impegna in un movimento pedagogico per la riforma autonomistica della scuola secondaria; Luce vive questa sua attività come parte integrante e del suo concreto impegno politico in senso libertario, un impegno che la vede critica nei confronti della scelta della lotta armata: "Conoscevo degli studenti che si erano arruolati nei Tupamaros, volevo loro bene e sapevo che erano la parte migliore della gioventù uruguayana e che si sarebbe bruciata in quell'esperienza. Secondo me si sbagliavano, però è andata così.". Una posizione la sua che riflette il clima di quel periodo, agitato dalle diverse posizioni prese nell'ambito del movimento nei confronti dei Tupamaros e della Rivoluzione Cubana.
Fino al giorno della morte, avvenuta il 19 agosto del 2000, vive a Montevideo in J. J. Rousseau 3659, nella casa costruita dal suo compagno friulano, Ermacora Cressatti, muratore anarchico anch'egli esule dal fascismo.

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